intervista ad Angeletti e Ruzza, designer
Angeletti e Ruzza, designer

Silvana Angeletti e Daniele Ruzza vivono e lavorano a Rieti. Il loro studio, ritagliato nel centro storico della città tra via di Mezzo e vicolo Tosti, si apre su strada con ampie vetrine. Le trovo celate dalle serrande blu che Daniele, la domenica mattina di maggio in cui ci incontriamo, solleva con energia.

La vista sullo studio si apre. Ampi scaffali traboccanti degli oggetti più vari occupano gran parte delle pareti dell’ambiente principale e una serie di tavoli affiancati l’uno all’altro, disposti su più file, raccontano di persone intente a disegnare, modellare, sperimentare.

Nelle ore di lavoro Silvana e Daniele occupano i primi due tavoli della serie. Tuttavia, se non mi fossero stati indicati, non li avrei riconosciuti se non da dettagli personali, per me impossibili da cogliere.

intervista ad Angeletti e Ruzza, designer
lo studio di Angeletti e Ruzza a Rieti

L’assenza di gerarchie e la fluidità dello spazio mi ricordano gli studi dei colleghi finlandesi, al contrario della coloratissima confusione e folla di oggetti, prototipi e disegni, che appartiene tutta a questo luogo e che amo fin dal primo passo compiuto per esplorarla.

Sarò sincera: in un primo momento ho fatto fatica a indirizzare l’incontro in modalità intervista. Silvana e Daniele, con il sorriso sulle labbra e una luce particolare e positiva negli occhi, sono tanto desiderosi di raccontare di sé, quanto di ascoltare altro: qual è il mio lavoro, di cosa si occupa WEBLOG, cosa ho visto di interessante al Salone.

intervista ad Angeletti e Ruzza

Provo a dare una stretta alle chiacchiere frenando il desiderio di protrarle ancora, con il rischio di intaccare una fetta del tempo libero domenicale dei miei ospiti. Silvana, tra l’altro, è in partenza per l’India. Le sono grata ancor di più per avermi dedicato minuti preziosi sottratti agli ultimi preparativi.

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Angeletti e Ruzza, Cylinda, lampada da tavolo disegnata per Oluce, in versione nero opaco / oro satinato

Inizia a parlarmi di Cylinda, la lampada da tavolo presentata con Oluce a Euroluce 2017. Le chiedo se è un oggetto post crisi, per le sue forme piene e rassicuranti e i suoi materiali tutt’altro che evanescenti, e mi spiazza rispondendo così.

[un un po’ esitante che è più un forse], ma Cylinda non è una lampada legata necessariamente a questi tempi. Fa parte piuttosto del nostro percorso che, da sempre, è segnato da oggetti concreti; concreti ma non per questo solo funzionali. Noi ricerchiamo, non senza difficoltà, una semplicità e una bellezza che siano portatrici di poesia e che facciano percepire l’oggetto progettato vicino e amico.

Lavoriamo tantissimo sulle proporzioni e sui materiali e, con Cylinda, siamo arrivati a un design di sottrazione estremo, che non ci aspettavamo sarebbe stato scelto dall’azienda. Due cilindri di proporzioni diverse sono accostati tra loro e, nella loro intima concretezza, forza e semplicità, sono capaci di definire un’atmosfera.

Abbiamo disegnato Cylinda immaginandola come lo strumento per illuminare i piccoli gesti che ciascuno compie all’interno della propria casa e che, come la scrittura di una lettera, sono gesti romantici.

Silvana raccoglie le mani a conca e l’intento progettuale intimo e romantico della lampada mi è ancora più chiaro e vicino. Le chiedo se lei e Daniele la abbiano in casa. Risponde Daniele.

Ancora no, ma la avremo presto. Oluce ha promesso di regalarcene una, tra l’altro è una delle poche aziende a rispettare questo patto con il designer. La immaginiamo vicino al nostro divano o anche in studio. Trascorriamo qui molte ore della giornata e vediamo invece la casa come il luogo del relax da non contaminare con gli oggetti con i quali lavoriamo.

A questa regola fanno eccezione le lampade di Oluce; le abbiamo tutte in casa, a partire dalla prima, la piantana Lys che ha trovato il suo posto vicino al divano.

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Angeletti e Ruzza, Cylinda, lampada da tavolo disegnata per Oluce, in versione nero opaco

Daniele riprende a parlare di Cylinda.

Cylinda fa parte di un filone progettuale con Oluce che immaginiamo a lungo termine. Pian piano, come in un fidanzamento, ci si conosce meglio e si può proseguire continuando una storia già scritta da grandi personaggi, per i quali sentiamo di dover adottare un approccio al design più serio, più “in giacca e cravatta. Non è reverenza, ma rispetto”.  

Nonostante questa eredità forte e ancora molto presente, l’approccio dell’azienda è incredibilmente semplice e diretto, anche nei confronti di realtà giovani come quella dello IED di Roma.

Avrei voluto chiedere a Silvana e Daniele quanto fosse Oluce Cylinda, ma mi accorgo che in parte mi hanno già risposto. Daniele aggiunge.

Cylinda, tra le tre lampade che abbiamo già disegnato per Oluce [le altre due sono Lys e Yolk] è “la più Oluce di tutte”. Questo dimostra che davvero stiamo seguendo un percorso e maturando la visione dell’azienda in parallelo con la nostra per cui, con meno, cerchiamo sempre di dire di più.

La domanda inevitabile, a questo punto: qual è la vostra lampada Oluce?

Silvana vorrebbe dire la Atollo ma poi cambia idea: la mia Oluce è la piantana Coupé di Joe Colombo.

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Vico Magistretti, lampada da tavolo Atollo disegnata per Oluce

Daniele, invece, non ha dubbi.

Io non posso non dire la Atollo. Sono rimasto molto colpito da una frase di Gismondi [fondatore di Artemide] che in un’intervista definì quella di Magistretti “la” lampada.

Torniamo a Euroluce. Chiedo a Silvana e Daniele se abbiano visto qualcosa di interessante o addirittura imperdibile in fiera. Daniele giudica divertente la mia domanda per un motivo preciso.

Partiamo dal presupposto che, ogni volta che si va al Salone, si è sempre nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Capita che tu abbia notato qualcosa di interessante e poi un altro ti chieda perché tu non abbia visto invece quello e quell’altro. Si perde sempre qualcosa, per quanto tempo si dedichi al giro.

Quest’anno, però, non siamo tornati a casa con la sensazione di aver visto qualcosa che, se l’avessimo persa, ci avrebbe pesato sulla coscienza. Abbiamo notato sobrietà, coerenza, ma nulla che lasciasse a bocca aperta.

Prosegue Silvana.

Non ci siamo innamorati. Abbiamo visto molta correttezza, concretezza, rassicurazione. Chiarissima è stata l’intenzione di tutte le aziende di puntare al mercato estero  e al lusso e questo, di certo, può giustificare la ricorrenza di colori e materiali non solo nel settore illuminazione, ma anche negli arredi e nei complementi.

Ho apprezzato il bellissimo spazio di Flos, ma non in particolare i prodotti esposti. L’unica eccezione è stata la Noctambule di Grcic: una lampada decorativa per la casa con una ricerca particolare sulla sorgente luminosa e una certa leggerezza (anche se difficilissima da pulire!).

Grcic è tra i designer più validi, oggi, anche se raramente ho desiderato di portare a casa un suo pezzo. Ho un’idea dell’abitare molto più intima e accogliente.

A casa, piuttosto, avrei portato l’applique Berlin di Pillet per Oluce; semplice e lineare.

Si vede però sempre meno design italiano destinato a diventare pezzo iconico.

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Cristophe Pillet, lampada da parete / soffitto Berlin disegnata per Oluce

Daniele continua.

Se non fossi stata a Euroluce, Nora, ti direi: peccato tu non abbia visto lo spazio Flos, non i prodotti. Quest’anno ho visto delle installazioni in un luogo in cui sono abituato a vedere delle lampade e basta. Forse proprio Flos, tra tutte le aziende presenti a Euroluce, è stata capace di rafforzare la sua identità.

D’altra parte aspetto una rivoluzione analoga a quella che c’è stata anni fa nel passaggio dalle sorgenti a incandescenza ai LED. Il salto in avanti è guidato dagli OLED e, per ora, vede qualche primo tentativo con Artemide [Harry H., design Carlotta de Bevilacqua, lampada a sospensione sviluppata in collaborazione con LG Display] e con qualche altra azienda.  

La cosa buona di Euroluce è che è biennale; la rivoluzione ha tempo per compiersi.

Finiamo, non so più come, a parlare di texture e giochi tridimensionali sulle superfici. Silvana mi racconta del suo incontro con Cappellini da Ceramica Flaminia la settimana prima.

Ti ricordi, Daniele, di quello che ci ha detto Cappellini? Ormai il limite tra design e decorazione non esiste più. La texture, come il colore e la finitura, è sempre più materia di progetto.

C’è decorazione fine a se stessa e decorazione che invece aggiunge valore al progetto e lo rende più profondo, vicino, caldo.

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Mariana Pellegrino Soto, lampada da tavolo Recuerdo disegnata per Oluce

Sulla scia delle texture abbandoniamo l’argomento Euroluce e parliamo di una collaborazione importante, nella quale Silvana e Daniele hanno svolto un ruolo di tramite e indirizzo: quella tra Oluce e due studentesse dello IED di Roma, Mariana Pellegrino Soto e Francesca Borelli.

Chiedo a Silvana e Daniele di introdurre le interviste a Mariana e Francesca realizzate da Andrea Calatroni per LUCE e richiamate qui di seguito.

Daniele inizia a presentarmi Mariana e Silvana interviene quasi subito. Le loro parole si mescolano.

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Mariana Pellegrino Soto, lampada da terra Alba disegnata per Oluce

Mariana è una ragazza poetica; ha un mondo interiore molto ricco. Allo IED facevamo delle revisioni lunghissime del progetto durante le quali lei chiacchierava e chiacchierava. Ci ha raccontato tanto del suo paese [il Venezuela] e della sua natura meravigliosa. Eravamo sicuri, fin dal primo momento, che avrebbe portato a termine qualcosa di importante.

Noi avevamo chiesto ai ragazzi del suo corso di parlarci di sentimenti e lei, fin dall’inizio, sapeva cosa avrebbe voluto raccontare. Tutto il tempo del progetto le è stato necessario per capire come farlo. Noi abbiamo semplicemente cercato di indirizzarla verso la semplicità, anche se abbiamo fatto fatica a gestire questa sua sensibilità [e qui si discute sul pragmatismo o presunto pragmatismo di Daniele che, a quanto pare, si è trovato più volte con Mariana in una situazione più simile a una seduta di psicoterapia che a un incontro di revisione del progetto!].

Mariana è una persona complessa. La sua sensibilità è accompagnata da una grande determinazione e, per quest’ultimo aspetto, crediamo che lei “da grande” potrà fare questo lavoro. È giovane ma ha già tanta vita alle spalle. Ha lasciato il suo paese e una situazione sociale di disagio e, in un certo senso, è già saggia.

| leggi l’intervista di Andrea Calatroni a Mariana Pellegrino Soto su LUCE |

Arriva il momento di presentare Francesca. La parola va a Silvana.

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Francesca Borelli, lampada da tavolo Eva disegnata per Oluce

Francesca è il contrario di Mariana. Durante le revisioni del progetto era un muro di silenzio, oltre il quale sentivamo un mondo interiore bisognoso di uscire allo scoperto. Il suo sguardo è interrogativo e la rende capace di esprimere domande che non hanno bisogno di parole. L’espressione della sua anima è attraverso gli occhi.

Dopo un primo progetto da cui pensavamo che non sarebbe uscito nulla di buono, ha buttato via tutto e ricominciato. Aveva capito che stavamo assecondando la necessità di portare avanti un suo inutile “compitino” e questa, per una reazione di orgoglio, è stata la scintilla che ha fatto uscire tutto.

Un giorno Francesca è arrivata a revisione con un prototipo che era esattamente Eva, la lampada che abbiamo visto a Euroluce. Noi siamo rimasti a bocca aperta e, per rompere il suo continuo silenzio, le abbiamo chiesto: ma come hai fatto? Da dove arriva questa lampada? E lei: ho solo guardato il Pantheon.

Siamo molto contenti del progetto di Eva, perché appartiene completamente a lei ed è proprio Oluce. 

| leggi l’intervista di Andrea Calatroni a Francesca Borelli su LUCE |

altre immagini dello studio Angeletti e Ruzza

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l’entrata allo studio Angeletti e Ruzza a Rieti

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