Se io fossi Babbo Natale e, passando per Firenze, mi imbattessi nelle vetrine di Baby Bottega di questi tempi – la notte del 24 dicembre si avvicina a grandi passi -, tirerei un grosso sospiro di sollievo, varcherei la soglia e, già alla prima occhiata, saprei di essere al posto giusto nel momento della scelta dei regali.
Scambierei due chiacchiere con Daisy (Diaz, interior designer statunitense naturalizzata fiorentina), ammirerei giocattoli, tessuti, decorazioni, colori e inizierei a spuntare sulla mia lunga lista le richieste dei bimbi raccolte dai miei pazienti folletti, giorno per giorno, spulciando una gran quantità di letterine.
Grafia incerta e idee chiare, senza dubbio. Ma anche varietà di racconti, di sentimenti, di aspettative che – come Babbo Natale sa e desidera – meritano ogni anno di essere trasformate da sogno in una realtà luccicante avvolta in carta colorata chiusa da nastri e fiocchi in tinta.
Ho provato, per un po’, a immedesimarmi in un bimbo alle prese con la scrittura della fatidica letterina. Ho tentato, anzi, di interpretarne quattro – un Alessio, un Matteo, una Bianca e una Cecilia -, facendomi portavoce di qualche richiesta che ho immaginato discendere da un carattere, da un’inclinazione.
Che ne dite? Leggete anche voi, insieme ai folletti?
caro Babbo Natale
Matteo
Alessio
Bianca
Cecilia
se fossi Babbo Natale
Se fossi Babbo Natale (ed è già un po’ che recito la parte e confesso di averci preso gusto), non mi resterebbe che aprire il mio grosso sacco di juta – senza dimenticare, prima, di controllare lo stato della slitta e delle mie renne parcheggiate fuori, in via Il Prato – e infilarci dentro con cura quanto ho letto e annotato nella mia memoria infallibile.
Poi un veloce saluto a Daisy, un agile salto a bordo (nonostante l’età, niente male!), una tirata alle redini e via, tra le stelle. Aspettando la notte di Natale.
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