Spoiler. Tra settembre e ottobre, se tutto procede nel verso giusto – ovvero in continuità con la piega positiva che ha presa la mia attività di architetto qui su Roma -, avrò uno studio tutto mio. Intendo uno studio fisico, separato dall’angolo home office che ho faticosamente ritagliato nei metri quadrati della ristrutturazione di casa, in cui lavorerò insieme ad alcuni colleghi e collaboratori.
Ho già le chiavi di questo nuovo spazio e sono emozionata al solo pensiero di ritinteggiarlo e farlo mio, con i colori, i campioni di materiali, i libri, i cataloghi e le riviste che raccontano la parte più concreta del mio lavoro, insieme alle tante visite in cantiere.
So con assoluta certezza che non sarà semplice conciliare vita privata e lavorativa, soprattutto sul piano organizzativo, ma sono da tempo abituata al gioco degli incastri improbabili e dell’agenda in perenne bilico tra perfezione e imperfezione.
Da brava progettista ho iniziato a sviscerare tutte le questioni pratiche legate alla gestione di questa nuova location lavorativa, anche in relazione agli altri spazi in cui mi muoverò nel corso della giornata, ovvero casa, scuola dei bambini e, a volte, anche l’appartamento di mio padre, che abita a una decina di minuti di auto da noi. Non manca neanche qualche puntatina, a volte, allo studio dove lavora Samuele.
Ho una shopping list di arredi, complementi e attrezzature per il nuovo studio che si allunga di giorno in giorno. Tra le prime voci ce n’è una che, incredibilmente, ho già spuntato. Il merito di questo grande anticipo su una fornitura specifica non è mio, però, ma degli amici di Vimar. La voce è videocitofono connesso.
Ok, so che potrebbe sembrare strano, ma ora vi spiego perché ho inserito un dispositivo tecnologico di questo tipo nella mia lista per gli acquisti per il nuovo studio. Più o meno è andata così.
Ho ricevuto dall’azienda, alcune settimane fa, il comunicato stampa, le immagini e le informazioni tecniche sul Tab 5S Up, il nuovo videocitofono connesso con display da 5”. Come al solito mi sono messa a curiosare e ho scoperto che questo apparecchio:
- comunica con l’esterno della casa ma anche con lo smartphone, grazie a una app dedicata che si chiama Video Door
- dispone di tutte le tradizionali funzioni videocitofoniche ma integra nella sua tecnologia la connessione Wi-Fi
- la app Video Door è capace di controllare non solo un unico impianto, ma addirittura 5 (e questa è una cosa utilissima per le questioni organizzative di cui vi parlavo qualche riga fa)
- inoltra le chiamate fino a 10 smartphone collegati all’utenza videocitofonica (altro aspetto utile e molto interessante) ed è possibile chiamare ognuno di questi smartphone direttamente dal videocitofono e viceversa
Letto tutto questo inizia a esservi chiaro il motivo per cui il videocitofono connesso occupa uno dei primi posti della mia shopping list? Penso di sì!
L’idea è di installarne uno nel nuovo studio, una a casa e un altro, se possibile, a casa di mio padre. I tre dispositivi consentiranno a chiunque di noi di gestire in modo semplice e sicuro l’accesso a casa e di comunicare tempestivamente in caso di necessità.
Già sogno ad occhi aperti, inoltre, se penso al momento in cui, con un semplice tap sullo schermo del mio smartphone, potrò aprire il portone al corriere che, una volta ogni due settimane, mi consegna la spesa a domicilio. Il tutto mentre, invece che a casa, sono impegnata in cantiere o in studio. Zero ansia, zero problemi di orari impossibili da rispettare.
Il fatto che il videocitofono connesso funzioni anche come dispositivo per inoltrare chiamate faciliterà enormemente il passaggio di tutto quel flusso di informazioni quotidiane che, in famiglia, ci scambiamo per gestire al meglio tutti i tempi e gli spostamenti.
Ma parliamo anche un po’ del design e dell’estetica del Tab 5S Up (conoscendomi potevate mai pensare che avrei trascurato di darvi dettagli su questo aspetto?). Partiamo dal colore: un bianco lucido, reso ancora più leggero, luminoso e minimal dall’ampia cover in vetro, che incornicia un’immagine video di ben 800×480 pixel.
Nessun problema a integrare il videocitofono connesso nell’interior del mio appartamento nuovo, che in buona parte prevede ampie superfici bianche, soprattutto negli spazi a più alta densità funzionale e di passaggio (come l’ingresso e l’home office). Immagino che anche il mio nuovo studio vivrà di luce e di bianco, quindi non ci sarà alcuno strattone progettuale ma, anzi, una piacevole continuità estetica tra spazio privato della casa e spazio semi-pubblico lavorativo.
L’appartamento di mio padre, di stampo un po’ più tradizionale del mio, non avrà comunque problemi ad accogliere un dispositivo tecnologico di questo tipo né dal punto di vista impiantistico né da quello estetico. Il nuovo videocitofono connesso di Vimar, infatti, può essere installato:
- a parete, con tasselli o utilizzando una scatola da incasso
- sempre a parete, ma a semi-incasso, grazie a una scatola dedicata, in modo da ottenere una sporgenza di appena 13,1 mm
- su base da appoggio su piano
Il bianco luminoso e lo spessore di appena 13 mm rendono inoltre il videocitofono un dispositivo ad alto contenuto tecnologico ed estetico che c’è (e funziona perfettamente facilitando le normali attività quotidiane all’interno di una casa o uno spazio di lavoro) pur senza essere visivamente invadente.
Stavo infine per dimenticare qualche dettaglio importante. Le funzioni del videocitofono connesso sono accessibili attraverso 3 sistemi:
- tramite tastiera con comandi rapidi, individuati da icone intuitive retroilluminate
- tramite pannello touch
- tramite la app Video Door di cui abbiamo parlato prima
Ecco, spero di aver spiegato per bene tutti i motivi di questa scelta tecnologica per la mia casa e il mio studio. Se vi resta qualche dubbio, potete chiarirlo visitando la pagina dedicata al videocitofono connesso sul sito di Vimar.
[articolo realizzato in collaborazione con Vimar]