
#weblogsaloni, un racconto di tempo e persone
Può capitare che un racconto abbia inizio dalla fine; al mio, oggi, succede proprio così. Comincia a Milano, in via Panfilo Castaldi. Se, alle 13 e 30 di venerdì scorso, aveste varcato la soglia al civico 21, oltrepassato l’atrio accogliente e colorato del Mantra Raw Vegan ed entrati nella sala da pranzo, avreste trovato una lunga e chiassosa tavolata; tutta al femminile, a parte sporadiche e temporanee incursioni di ospiti maschili.
Ad assaporare la cucina vegana crudista del giovane chef Alberto, noi, blogger del progetto #weblogsaloni, in felice compagnia di qualche straniera: Daniela di Dani at home e la sua amica Anna, Agata di Passion shake, Veronica di WE Factory e Giulia di Vetrofusione.
Il pranzo fra noi, in quel momento, rappresentava la sintesi e la conclusione perfetta dei giorni precedenti, congestionati di design e parole; la quiete, l’assenza di movimento indispensabile al ritrovo e al ritaglio di spazi per consolidare un’amicizia virtuale che dura ormai da tempo e, a volte, ha bisogno di realtà, solida e anche un po’ convenzionale.
Sorrido tra me e me, mentre uso quest’aggettivo; mi accorgo infatti che in noi, tra di noi, quasi nulla c’è di usuale. Anche con #weblogsaloni, infatti, stiamo tessendo la trama di qualcosa di insolito, nuovo. Scriviamo, immaginiamo, intrecciamo relazioni e facciamo del design blogging un lavoro, oltre che una passione. E intanto mangiamo.
Simona fa notare che il cibo cambia sapore di momento in momento, mentre lo si ha in bocca. Provo la stessa sensazione anche io. I miei pregiudizi sulla cucina vegana iniziano a stemperarsi. Qualcuna chiede allo chef se è possibile avere un resoconto dettagliato sul menu; la descrizione di ciascun piatto è così elaborata e complessa che è impossibile tenerla a mente.
Il cibo asseconda il dialogo anche se, a tratti, c’è qualche scossone. Arrivano nuove persone, si discute di qualche proposta interessante. Non vi annoio a parlarvene qui e penso sia meglio che abbiate notizia, tra poco, solo di quelle andate a buon fine. Fingers crossed!
Ciascuna di noi, radunate intorno al tavolo, è, alla fine del pasto, impegnata nella digestione delle suggestioni da Design Week. Il colpo è duro da assorbire. Il progetto #weblogsaloni è – lo ammettiamo – nato molto in ritardo rispetto a una tabella di marcia per la quale gli esperti del settore fissano una data di partenza già nel mese di novembre che precede la manifestazione. Ancora Simona dice che ci è scoppiato tra le mani.
Tra i primi 15 hashtag con i quali vengono condivisi sui social i contenuti della settimana milanese del design, #weblogsaloni ci regala sorprese giorno dopo giorno. Pare che le aziende e il pubblico lo conoscano e, a volte, lo facciano anche un po’ loro. Sarà merito di quel we, penso, oltre che dell’energia, senza riserve, che gli abbiamo caricato addosso.
Arrivo al tavolo del Mantra, come le altre, dopo aver seguito itinerari ben organizzati – anche se un po’ frettolosi – per i luoghi del Salone e del Fuorisalone. Venerdì, per fortuna, è stata la mia giornata più quieta e la compagnia di Laura non ha fatto che rafforzare questo carattere.
Da sola avrei vagato, come al mio solito, come una scheggia impazzita. In due, invece, si può passeggiare, anche in una giornata di pioggia, arrivando fin da Jannelli&Volpi in via Melzo 7, store multipiano che, a piano terra, accoglie anche l’info point del circuito fuorisalone Porta Venezia In Design.
Design e frammenti colorati di carta da parati lievemente fluttuanti si rincorrono rampa dopo rampa. Il negozio è molto ricco, accogliente e suggestivo.
Laura ed io siamo fortunate e, dopo aver salito i primi piani dell’edificio, incontriamo, su in cima alle scale, Paola Jannelli. Gentile e sorridente, ci illustra l’allestimento Welcome Wallpaper curato da Matteo Ragni e visitabile fino al 31 ottobre.
Dalla quiete dell’angolo kids ideato da Irene Baratto, sottolineata dalla pennellata distesa e trasparente del wallpaper continuo che fa da sfondo, lo strappo è improvviso e provocatorio nel passaggio al Roberto Ciminaghi che, tra una bottiglia vuota e un tacco 12 lasciato indolentemente a terra, ha appena concluso la festa.
The party is over. La padrona di casa può finalmente rilassarsi e godere della riuscita dell’evento. Vorrei trovarmi in quell’attimo, ora.
Superato l’equilibrio metafisico, senza tempo, congegnato da Studiopepe come un insieme di geometrie e forme universali e riconoscibili, il tempo riprende a scorrere. Con Elisa Musso lo fa velocemente; clessidre trasparenti e sezioni di tronchi d’albero – simbolo per eccellenza della vita e della crescita – sono disseminate ovunque. Le lancette degli orologi si rincorrono su decine di quadranti.
Poi arriva Vanessa Pisk, che traduce in musica il tempo e il ritmo. Il ticchettio degli orologi si tramuta in melodie annotate su fasci di spartiti da un compositore in piena vena creativa. Nessuna pare soddisfarlo appieno e così continua scrivere, nota dopo nota.
Il salto ispirazionale è infine fortissimo tra la visione falsamente inquietante di Bruno Tarsia, che fa pasteggiare a una tavola imbandita solo di bicchieri una tetra compagnia di corvi, e la Elisabetta Viganò che preferisco. Imbandisce la tavola che, ogni sera, potresti trovare in ciascuna delle nostre case. Luce alla finestra, una forma di pane sul lucido piano in fòrmica, un disordine quieto di oggetti che è il segno della presenza di una famiglia, di un’accoglienza pienamente domestica. Il passato è ancora presente.
Mi pento, poi, di non avere un’immagine dell’allestimento Armani Casa che chiude l’insieme degli otto coordinati da Matteo Ragni. E’ l’equilibrio perfetto, dove non ci sono pieni o vuoti che valgono di più. Nessuna ostentazione nella ricerca del lusso. E’ un lusso che può appartenere a chiunque. Così lo racconta Paola Jannelli a Laura e a me, intente a osservare e a carpire dettagli.
Ma Porta Venezia In Design non è solo Jannelli&Volpi. E’ anche Principioattivo con il suo Creative Garden, studio fresco e innovativo di colleghi architetti milanesi che, in occasione della Design Week, presentano al pubblico un tavolo da lavoro comodo e intelligente; nasconde i mille cavi in un canale servizi posto in una scanalatura che lo percorre, in mezzeria, per tutta la lunghezza.
E’ anche un caffè, un succo di frutta e un muffin da Pavè in via Felice Casati 27, dove alcuni piccoli tavoli in condivisione invitano al dialogo calmo, al tempo per sé. dalle pareti e dagli scaffali ci si sente un po’ osservati, però. Timidi uccellini, dalle casette di Miho, scrutano i visitatori e, forse, si prendono anche un po’ gioco di loro.
Ritorno all’inizio del racconto che, come vi dicevo, stavolta è anche la fine. Prenderei una Brompton per scappare via, ma ho un treno che mi aspetta. Fa Milano – Roma in meno di tre ore.