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il Casino Giustiniani Massimo, un lugo fuori dai soliti percorsi turistici, da mettere nella lista delle prossime gite in città
Posti belli e dove trovarli.
A Roma una piccola elegante sorpresa ci viene svelata nel quartiere Esquilino: il Casino Giustiniani Massimo.
L’edificio, trascurato dai percorsi turistici tradizionali, è uno dei luoghi più suggestivi della Capitale.
Perché? Per i suoi affreschi dedicati alla storia della letteratura italiana.
Ma andiamo con ordine: prima di leggere il nostro libro dipinto, giudichiamo la sua bella copertina.
una villa urbana di campagna
L’edificio, di gusto tardo manierista, è ciò che rimane della villa Giustiniani Massimo, costruita tra il 1605 e il 1618 per volere di Vincenzo Giustiniani. Il marchese aveva immaginato la sua dimora come una villa di campagna in città dove trovare ristoro dalle fatiche della vita aristocratica.
Di sicuro effetto è la decorazione esterna, un patchwork marmoreo fatto di lastre, bassorilievi e sarcofagi antichi incastonati tra le aquile dei Giustiniani e le colombe dei Pamphilj.
Agli inizi dell’Ottocento la villa divenne proprietà del marchese Carlo Massimo e nel 1848 dei Lancellotti. I nuovi proprietari nel 1871 vendettero il parco come area edificabile e, nel 1885, il portale del muro di cinta venne ceduto allo Stato. Oggi i battenti hanno trovato casa tra gli stipiti di villa Celimontana al Celio dove campeggia ancora il nome del marchese Giustiniani.
il gruppo dei Nazareni
Se all’esterno il piccolo edificio loggiato si presenta come uno scrigno di antichità, al suo interno nasconde un ciclo figurativo unico. Sotto la proprietà della famiglia Massimo, tra il 1818 e il 1829, le sale al pianterreno del Casino furono decorate dai Nazareni, un gruppo di pittori tedeschi giunti a Roma intorno al 1810.
Il termine nazareno venne utilizzato in riferimento allo stile di vita spirituale e comunitario di questi artisti che, armati di barba incolta e capelli lunghi, si allontanavano dalle regole del classicismo accademico per seguire l’esempio dei maestri del passato.
il ciclo di affreschi del Casino Giustiniani Massimo
Il ciclo di affreschi del Casino Giustiniani Massimo è una delle poche opere dei Nazareni ancora visibili a Roma, ma l’ottimo stato di conservazione del complesso permette una piena fruizione delle pitture.
La nitidezza compositiva cattura subito l’attenzione, invitando il visitatore a sfogliare le pagine dei poemi sulle pareti. Per decorare gli ambienti interni della villa, i principali esponenti del gruppo trassero ispirazione dai capisaldi della letteratura italiana:
- la stanza centrale fu destinata all’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto
- quella a sinistra alla Divina Commedia di Dante Alighieri
- i dipinti della terza sala raffigurano la Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso
Una quarta stanza doveva accogliere le opere del Petrarca ma il progetto non fu mai realizzato.
la Divina Commedia
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
ché la diritta via era smarrita.
La stanza più riuscita, eccentrica e interessante è quella dedicata alla Divina Commedia. Si nota una marcata differenza di stile tra l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso; il motivo è presto spiegato.
Inizialmente la decorazione della stanza venne affidata a Cornelius; questi iniziò a realizzare i disegni preparatori per il soffitto, ma nel 1818 lasciò Roma per Monaco. Il marchese passò l’incarico a Philipp Veit, il quale eseguì soltanto il soffitto con il Paradiso; fu Koch a completare gli affreschi della sala, con l’Inferno e il Purgatorio mentre Franz Horny si occupava delle ghirlande di frutta e fiori.
Qui Dante è raffigurato come narratore e come personaggio, minacciato dalle tre fiere nella selva oscura prima dell’apparizione salvifica di Virgilio. Alzando gli occhi vediamo dipinti gli otto cieli visitati e i personaggi incontrati. Con un contrappunto di eleganze raffaellesche e dorature tardogotiche, possiamo ammirare l’Empireo con la Santissima Trinità, la Madonna seduta in trono, Dante e San Bernardo.
Sulle pareti della sala l’osservatore può ripercorrere le tre cantiche accompagnando Dante nell’incontro con alcuni dei personaggi principali: dai dannati in preda ai tormenti infernali, ai penitenti radunati sulla navicella, fino ad assistere ad una selezione di punizioni dei peccati capitali. Proprio nei dannati echeggia tutto il pathos del Giudizio michelangiolesco e la luminosità dei nudi di Luca Signorelli da cui i Nazareni hanno sempre tratto ispirazione.
Una curiosità: quando il Casino fu ereditato da Massimiliano, fratello del marchese Massimo, sua moglie Cristina di Sassonia fece ritoccare alcune scene di nudo ritenute indecenti. In particolare, assistiamo alla dissoluzione dell’abbraccio tra Paolo e Francesca: non potendo depurare il gesto, il povero Paolo è stato cancellato e Francesca è rimasta in un avvinghio solitario e incompiuto.
l’Orlando Furioso
Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori,
le cortesie, l’audaci imprese io canto,
che furo al tempo che passaro i Mori
d’Africa il mare, e in Francia nocquer tanto,
seguendo l’ire e i giovenil furori
d’Agramante lor re, che si diè vanto
di vendicar la morte di Troiano
sopra re Carlo imperator romano.
La stanza centrale, dedicata all’Orlando Furioso di Ariosto, venne affrescata da Julius Schnorr von Carolsfeld, che iniziò la sua opera nel 1818. Tra i temi del poema, vengono illustrate le vicende amorose di Bradamante e Ruggiero, capostipiti della dinastia d’Este.
I lati lunghi della sala sono dedicati all’epica: sulla volta sono rappresentate le battaglie vittoriose dei paladini contro gli infedeli, mentre sulle pareti sfilano l’esercito di Agramante, quello franco di Carlo Magno e i più temibili guerrieri saraceni. La lettura per immagini prosegue con la scoperta dell’amore di Angelica e Medoro, la perdita del senno di Orlando e il suo ritrovamento sulla Luna.
Uno scudo riporta la firma dell’autore e l’anno 1827. Anche in queste pitture il rimando è a Raffaello (in particolare all’Incendio di Borgo delle Stanze Vaticane) e ai gettonatissimi personaggi della Cappella Sistina di Michelangelo.
la Gerusalemme Liberata
Canto l’arme pietose e ‘l capitano
che ‘l gran sepolcro liberò di Cristo.
Molto egli oprò co ‘l senno e con la mano,
molto soffrì nel glorioso acquisto;
e in van l’Inferno vi s’oppose, e in vano
s’armò d’Asia e di Libia il popol misto.
Il Ciel gli diè favore, e sotto a i santi
segni ridusse i suoi compagni erranti.
Nella Stanza del Tasso, il tema è più romantico rispetto alle altre due sale. Sulla volta e in uno dei riquadri della parete ovest, Overbeck affresca gli episodi più lirici del poema, destinando le altre pareti alla narrazione dei valori epico-cristiani. L’artista riuscì a rappresentare la città occupata dagli infedeli e poi liberata, tra le sofferenze amorose di Tancredi e Clorinda, Armida e Rinaldo, Olindo e Sofronia.
Overbeck abbandonò l’incarico nel 1827: a suo dire il cantiere era diventato troppo profano, lontano dalla purezza della sua ispirazione. Prima di lasciare la scena, dipinse il suo autoritratto, il committente e Torquato Tasso. I lavori furono ultimati due anni dopo da Joseph von Fuhrich che aggiunse le figure dei nuovi proprietari: Massimiliano Massimo con Cristina di Sassonia e i loro due figli, Barbara e Vittorio.
sì, d’accordo, ma poi?
Tutt’altro che noia.
Utilizzato come mensa dagli ufficiali delle SS durante la Seconda Guerra Mondiale (l’edificio è poco distante dal comando di polizia di via Tasso che oggi ospita il Museo Storico della Liberazione), nel 1948 il Casino viene acquistato dai padri della Delegazione di Terrasanta che aggiunsero un nuovo fabbricato per offrire ospitalità ai confratelli. Sui muri del porticato e nel giardino posero una fontana rustica contornata da capitelli, altari funerari, frammenti scultorei antichi e la statua di Giustiniano di Arcangelo Gonnelli. Insomma, quel poco che restava della preziosa collezione Giustiniani.
Il ciclo di affreschi dei Nazareni al Casino Massimo Lancellotti è un atto d’amore straniero verso l’Italia e l’italianità, un connubio originale, ricco di suggestioni e con una qualità molto alta. Un viaggio affascinate tra pittura e letteratura in un ambiente intimo e raccolto. Aperto di mattina, basta suonare il campanello. Troverete un luogo ameno e silenzioso, colori vibranti e vivaci, pennellate pastose, richiami alle grandi opere del passato. E diciamolo pure, il bignami più bello di Roma!
dove come quando
- il Casino Giustiniani Massimo si trova a Roma in via Matteo Boiardo 16
- è aperto il martedì e il giovedì dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 18, mentre la domenica è aperto dalle 10 alle 12 (gli altri giorni solo previa prenotazione)
- l’ingresso è a offerta libera
- vi consiglio di telefonare allo 06 70495651 prima di effettuare la visita