Caterina. Il potere della parola

uno spettacolo teatrale a Santa Maria sopra Minerva

La pandemia ci ha privati delle piccole grandi cose del nostro vivere e a distanza di tempo abbiamo ancora molte incertezze sul futuro. Ma ripartire è possibile e il teatro ce lo insegna. Gli operatori dello spettacolo, i lavoratori fantasma del bel paese, sono stati i primi a fermarsi e gli ultimi a ricominciare. E l’entusiasmo è forte più che mai. Perciò non lasciamoci sfuggire l’occasione di riempirci gli occhi con la bellezza delle parole, soprattutto se il sipario si apre su uno dei luoghi più suggestivi di Roma. Quale? Il Chiostro del Rosario della basilica di Santa Maria sopra Minerva.

Non conosco nulla al mondo che abbia tanto potere quanto la parola.

Emily Dickinson

Caterina va in città: il potere della parola alla Minerva

La parola costituisce uno strumento importante a disposizione dell’uomo e, in qualsiasi ambito venga utilizzata, può essere un’arma per colpire e un mezzo per salvare.

Lo sa bene Caterina da Siena, patrona d’Italia e compatrona d’Europa, che il 3 ottobre del 1970 viene proclamata Dottore della Chiesa. Sono trascorsi cinquant’anni e il convento della Minerva ha deciso di celebrare l’anniversario con uno spettacolo teatraleCaterina. Il potere della parola, per la regia di Elisabetta Bernardini e l’aiuto-regia di Fabio Crisante.

Lo spettacolo teatrale Caterina. Il potere della parola andrà in scena venerdì 2 e sabato 3 ottobre 2020 alle 20 presso la sagrestia della basilica di Santa Maria sopra Minerva. L’ingresso è gratuito e la possibilità d’accesso verrà garantita fino a esaurimento posti disponibili, in ottemperanza alle norme di contenimento dell’emergenza sanitaria.

c’è posta per te

Caterina è celebre nel mondo per le sue lettere: può vantare un ricco epistolario, prezioso testimone dei problemi sociali dell’Europa trecentesca. Ma non tutti sanno che scrisse di suo pugno solo due missive, le restanti quattrocento (sì, avete letto bene!) furono dettate a fidati scrivani. Si rivolse ai membri della sua famiglia, alle comunità monastiche, ai carcerati.

E non solo.

Già, perché Caterina, figlia analfabeta di un tintore di stoffe, non le manda certo a dire: scrive ai più grandi personaggi della sua epoca e a loro rivolge rimproveri e incoraggiamenti. Alcune di queste lettere prendono vita sul palco: i prescelti sono papa Gregorio XI, la regina Giovanna di Napoli, una meretrice e Monna Lapa, la mamma di Caterina.

Quattro monologhi messi in scena per la prima volta, mostrano le sfaccettature della natura umana. Mentre per il papa e la regina è stato possibile contare sull’aiuto della Storia, diverso è il lavoro svolto per le altre due protagoniste. In questo caso tutto si è basato sul sentire intimo e personale dell’autrice.

Caterina è una fonte d’ispirazione preziosa perché è capace di vedere dove altri non vedono, di capire quello che molti non vogliono capire. La sua arma? Il potere della parola ovviamente!

Per tutto lo spettacolo saremo accompagnati da una voce narrante che introduce gli attori in costume e prende per mano gli spettatori. La musica dal vivo avrà un impatto emotivo di grande effetto, così come la cornice architettonica in cui saremo immersi.

A proposito, la conoscete già? Andiamo a vedere di che si tratta, ma non senza prima curiosare nel dietro le quinte, attraverso alcune foto delle prove dello spettacolo.

Caterina va in città: il potere della parola alla Minerva
Caterina va in città: il potere della parola alla Minerva
Caterina va in città: il potere della parola alla Minerva

la location: Santa Maria sopra Minerva

il chiostro affrescato

Caterina va in città: il potere della parola alla Minerva
Caterina va in città: il potere della parola alla Minerva

Lo splendido chiostro affrescato è destinato alla vita dei frati ed è visitabile solo in alcune occasioni particolari (e imperdibili come questa!). Nel XIII secolo i domenicani della Minerva fecero costruire il complesso sul fianco sinistro della chiesa. Tra il 1559 e il 1569 il cardinale Vincenzo Giustiniani riedificò il chiostro duecentesco mentre, nei primi anni del Seicento, il vescovo Andrea Fernandez de Cordoba commissionò le decorazioni. Riconosciamo facilmente il suo stemma di famiglia (una serie di fasce rosse e dorate) al centro delle volte.

La decorazione venne affidata inizialmente al fiorentino Jacopo Berni, poi sostituito dal pittore milanese Francesco Nappi che optò per le scene neotestamentarie, con i momenti salienti della vita della Vergine e di Cristo. I colori di tutti questi affreschi sono pieni e vivaci, lo studio della luce è ricercato, si può notare anche un rimando alle influenze manieristiche romane. La vivace cromia di tutte le decorazioni è stata riportata alla luce da un recente restauro, durato dal 2008 al 2010.

Il centro è occupato da un giardino con due statue moderne: l’angelo bronzeo che innalza al cielo un cuore dorato e la statua in terracotta metallizzata di Santa Caterina.

Ovviamente non possiamo parlare del chiostro senza citare la basilica. Quindi citiamola e corriamo a visitarla.

la basilica di Santa Maria sopra Minerva

La basilica di Santa Maria sopra Minerva è uno dei tanti gioielli storico-artistici in cui possiamo imbatterci a Roma. Già solo l’architettura è un unicum: siamo di fronte al massimo tempio domenicano a Roma e all’unico esempio di chiesa gotica della Capitale.

La storia della Basilica risale all’VIII secolo d.C. con la fondazione di un oratorio di devozione mariana, il Minervum. La costruzione della chiesa si ispirava alla Chiesa di Santa Maria Novella a Firenze, e fu realizzata su disegno dei frati domenicani Sisto Fiorentino e Ristoro da Campi. I due frati progettarono una chiesa gotica a tre navate, finita a metà del Quattrocento dal cardinale spagnolo Tomás de Torquemada. Il Grande Inquisitore, per il Giubileo del 1450, trasforma la chiesa con delle magnifiche crociere, riprendendo il gusto classico delle terme romane.

Nel 1600, con il rifacimento delle cappelle del transetto, delle cappelle laterali e la riduzione a tutto sesto degli archi delle navate, predomina lo stile barocco. La basilica ritorna alle sue origini gotiche solo nell’Ottocento, per volere espresso dell’Ordine domenicano.

Ricapitolando: gotico classicobaroccodi nuovo gotico. Un bel giro di danze, non c’è che dire!

lo sapevate?

Caterina va in città: il potere della parola alla Minerva
il Pulcin della Minerva, Gian Lorenzo Bernini

Curiosità in pillole:

  • la basilica è il fulcro di quella Insula Sapientiae di cui oggi fanno parte il Convento domenicano, la Biblioteca della Camera, la contigua Biblioteca Casanatense e il palazzo, sede della Biblioteca del Senato
  • nel convento adiacente la chiesa ebbero luogo due conclavi, con l’elezione di Eugenio IV (1431) e Niccolò V (1447). Qualche secolo dopo, il 22 giugno 1633, Galileo Galilei abiurò le sue tesi scientifiche
  • dal Quattrocento all’Ottocento, la chiesa è stata teatro del rito delle zitelle. Le ragazze in processione andavano a genuflettersi davanti al papa e dopo il bacio della Sacra Pantofola, ricevevano un sacchetto di seta: 50 scudi per chi voleva prendere marito, 100 scudi per quelle che prendevano il velo
  • nel piazzale antistante la facciata si trova un obelisco egizio issato su un basamento a forma di elefante (per i romani DOC è il Pulcin della Minerva), progettato dal Bernini. La messa in opera del monumento fu piena di imprevisti: i frati mossero continue obiezioni e il progetto venne modificato più volte. Il buon Bernini, permaloso e poco incline alle imposizioni, rispose ponendo le terga dell’animale di fronte all’entrata del convento domenicano
  • la facciata spoglia si deve alla tirchieria di Benedetto XIII: nel 1725 il papa rifiuta tutti i progetti altisonanti e affida l’incarico ad un capomastro del sud, molto più low cost. Ma dietro l’austerità della facciata si nasconde una straordinaria bellezza

l’interno della basilica di Santa Maria sopra Minerva

Caterina va in città: il potere della parola alla Minerva
foto via santamariasopraminerva.it

All’interno della basilica di Santa Maria sopra Minerva troviamo tre navate con volte a crociera su dodici pilastri a fascio.

La volta blu con le stelle dorate offre un impatto visivo molto suggestivo e ci dà un’idea di come doveva essere la Cappella Sistina prima dell’intervento michelangiolesco.

Sulle due navate laterali si aprono varie cappelle appartenenti alle famiglie della nobiltà. Una parte rilevante della storia di Roma e della storia della Chiesa riposa tra questa mura: qui è sepolta Santa Caterina da Siena, qui sono le tombe di cinque pontefici (Urbano VII, Paolo IV, Leone X, Clemente VII, Benedetto XIII) e qui sono sepolti il Beato Angelico e Andrea Bregno.

La basilica si presenta come una vera galleria d’arte. Tale arricchimento si deve al lavoro di numerosi artisti di grande spessore.

Qualche esempio? Ecco a voi.

A Filippino Lippi si deve la decorazione ad affresco della cappella Carafa, una delle più alte testimonianze dell’arte tardo-quattrocentesca a Roma, costruita verso la fine del XV secolo per volere del cardinale Oliviero Carafa. Nelle Sibille della volta Filippino fu il primo fiorentino a impiegare una visione da sott’in su, cioè una prospettiva per la visione dal basso, sebbene ancora rudimentale. L’Annunciazione della parete di fondo ha un’iconografia piuttosto insolita: Maria, infatti, guarda l’Angelo di sfuggita, mentre con la mano benedice il cardinale. Qui Carafa assume un ruolo da vero protagonista, distraendo la Vergine dall’evento sacro.

Il Cristo con la croce di Michelangelo è realizzato in un blocco unico di marmo bianco ed è alto poco più di due metri. Quella che vediamo oggi è la seconda versione, la prima presentava una venatura nera sul volto e venne scartata (forse addirittura riciclata per il San Sebastiano nella vicina cappella Aldobrandini). Inizialmente la statua raffigurava un Cristo completamente nudo, circondato dai simboli della sua passione: il drappeggio in bronzo dorato si deve ad un’aggiunta successiva.

Un incontro d’eccezione è la tomba del pittore domenicano fra’ Giovanni da Fiesole, meglio noto come il Beato Angelico. La raffigurazione marmorea probabilmente si deve a Isaia da Pisa. La sua opera artistica si presenta come nuova e antica allo stesso tempo: l’Angelico provò a mettere insieme i principi dell’arte rinascimentale con quelli dell’arte medievale. Uno straordinario religioso-artista che il 18 febbraio 1984 viene proclamato Patrono Universale degli Artisti.

Addossato all’ultimo pilastro a fascio della navata sinistra si staglia il monumento funebre di Maria Raggi, opera giovanile di Gian Lorenzo Bernini. Il monumento, realizzato in marmo nero e giallo e bronzo dorato, si presenta con un grande drappeggio che racchiude il ritratto della defunta sorretto da angeli. La donna è raffigurata nel momento in cui sta esalando l’ultimo respiro e si avvicina, nelle intenzioni, alla potenza espressiva di Santa Teresa D’Avila.

Insomma, lo avrete capito: di motivi per vedere Caterina. Il potere delle parole ce ne sono tanti. Nora ne ha uno in più, ma acqua in bocca, questa è un’altra storia!

dove come quando

  • lo spettacolo Caterina. Il potere della parola avrà luogo venerdì 2 e sabato 3 ottobre 2020 alle 20 presso la sagrestia di Santa Maria sopra Minerva
  • la basilica si trova a Roma in piazza della Minerva 42
  • a causa di lavori di restauro la basilica non è al momento visitabile (approfittate quindi dell’occasione dello spettacolo teatrale per una visita semi-privata al complesso!)
  • è comunque possibile accedere alla visita virtuale e avere maggiori informazioni visitando il sito santamariasopraminerva.it